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Obama contro le banche: mai più colossi

dal nostro corrispondente Mario Platero

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22 gennaio 2010

«Mai più, mai più il contribuente americano diventerà ostaggio di una banca troppo grande per poter fallire»: con questa promessa, solenne nel tono e nella sostanza, Barack Obama ha annunciato ieri dalla Casa Bianca un cambiamento epocale per il settore bancario americano che riporterà alcune delle limitazioni previste dal Glass Steagall Act del 1933. «Basta con le operazioni speculative - ha detto Obama - le grandi banche commerciali non potranno più condurre operazioni sul mercato per conto del loro portafoglio, dovranno scegliere». Di più, le banche non potranno investire in private equity o hedge funds. E le grandi banche commerciali che sceglieranno le attività più tradizionali, quelle di raccogliere depositi per concedere prestiti alla comunità in cui operano e contribuire così allo sviluppo economico, avranno limiti sulle dimensioni che potranno raccogliere.

Secondo le leggi attuali, l'ultima passata nel 1994, nessun istituto di credito americano può avere depositi in conti correnti o di risparmio che superino complessivamente il 10% del totale dei depositi americani assicurati dalla Federal Deposit Insurance Corporation. La nuova regola proposta da Obama stringe i cordoni: quel 10% d'ora in avanti dovrà includere anche i depositi non assicurati e altri attivi di bilancio.

Per ora non esiste un disegno di legge, ma solo delle direttive. Direttive però precise abbastanza per capire in che direzione ci si sta muovendo per raggiungere il doppio obiettivo di ridurre l'esposizione al rischio delle banche commerciali e per chiudere una volta per tutte il ciclo vizioso che abbiamo visto più volte all'opera fin dalla metà degli anni Ottanta: credito facile, fiammate speculative, bolla di mercato, crisi finanziaria. Fra i consiglieri del presidente per queste misure drastiche, vi è Paul Volcker, il leggendario guardiano della Fed quando l'America passò attraverso una delle più gravi crisi inflattive della sua storia. Volcker aveva più volte invocato una «moderazione coercitiva». Ieri Obama ha fatto sue queste indicazioni, forse contro il parere di Larry Summers altro suo prezioso consigliere alla Casa Bianca, più favorevole all'apertura. Comunque sia, queste proposte di Obama, se saranno approvate da un Congresso ambivalente, chiuderanno l'epoca del conglomerato finanziario. E andranno in qualche modo contro la stessa tendenza alla globalizzazione, sia dei mercati che dei settori operativi.

Secondo alcuni, e certamente secondo il mercato, queste decisioni non sono state ponderate a sufficienza, non si sono condotti studi adeguati, non si è deciso di attendere il risultato della commissione d'inchiesta nominata dal Congresso. Obama si è mosso con rapidità anche per ragioni politiche. Si rende conto della sua debolezza, soprattutto dopo l'esito delle elezioni del Massachussetts e rilancia con misure populiste, ma non necessariamente ideali per favorire sia l'efficienza che la crescita dell'economia. Per questo il mercato ha reagito male. Se l'indice Dow Jones ieri era al ribasso del 2% lo si deve soprattutto all'incertezza improvvisa che si proietta sul mercato. Se le grandi banche non potranno più operare per conto proprio, di quanto diminuiranno i volumi. Di quanto la liquidità? Sono domande centrali queste, che restano per ora senza risposta.

Di certo le banche scateneranno un'offensiva durissima contro la Casa Bianca. La forza delle lobby finanziarie è enorme e la loro presa va ben al di là del partito repubblicano. Lo stesso Christopher Dodd, il presidente della Commissione bancaria al Senato, che dovrà seguire questa proposta dell'amministrazione, vuole limitare i poteri delle banche, ma vuole anche regolare i poteri della Fed. E dunque rischia di trovarsi in una posizione di contrasto con la Casa Bianca. Ma Obama non cederà facilmente. Esposto a critiche per «mancanza di leadership» in arrivo ormai persino dai suoi più fedeli sostenitori, come l'economista Paul Krugman, ieri ha usato il piglio di colui che non farà distrarre da nulla: «Se le banche vogliono la guerra, sono pronto a combattere. Più vedo le banche tornare al vecchio modo di condurre gli affari, più le vedo riportare profitti record, ma allo stesso tempo negare prestiti alle piccole imprese, più sento dire che non possono pagare una tassa per rimborsare ai contribuenti il loro denaro, più sono risoluto a portare avanti questa riforma».

Rivolgendosi al Congresso Obama ha chiesto di lavorare con lui per l'interesse dal paese «a varare questa legge. E il mio messaggio ai leader dell'industria finanziaria - ha continuato - è: lavorate con noi, non contro di noi sulle riforme necessarie. Le idee costruttive sono benvenute. Ma quello che abbiamo visto finora, nelle scorse settimane, è un esercito di lobbisti di Wall Street, piombati a Capitol Hill per cercare di bloccare regole dettate dal buonsenso, per proteggere l'economia e gli americani».

22 gennaio 2010
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